Introduzione
In questo elaborato ci
occuperemo di una società dell’Africa Orientale che ancora oggi
può essere definita nomado-pastorale, anche se dall’ultima
personale ricognizione risalente alla fine del 1997 e alla luce dei
recenti avvenimenti in cui è stata coinvolta (guerra
Etiopia-Eritrea, prolungato periodo di siccità e conseguente
disastrosa carestia), il giudizio potrebbe essere modificato!
In ogni caso
cercheremo di delineare l’universo simbolico-culturale e
storico-religioso nella diversificata prassi quotidiana di questo
popolo, tenendo comunque presenti le coordinate del nomadismo e della
pastorizia come dati guida anche per chiarire scelte e reazioni nei
processi di acculturazione che si sono verificati nel passato
storico. Questo anche senza forzare il rapporto tra situazione
ergologico-culturale e scelte simboliche enfatizzato nell’ambito
degli studi storico-religiosi ed antropologici dalla cosiddetta
scuola storico-culturale di Frobenius e W. Schmidt.
La scelta di
questo argomento per la tesi di laurea deriva da un viaggio nella
regione dancala che ho avuto modo di effettuare tra novembre e
dicembre del 1997. Organizzato dall’associazione culturale
“Argonauti Explorers” di Milano, specializzata nell’organizzare
viaggi e spedizioni nelle zone più remote del mondo, insieme
all’associazione “Vulcano esplorazioni” di Pisa, che effettua
ricerche scientifiche e monitoraggi su vulcani attivi sparsi per il
mondo, il viaggio aveva due obiettivi principali. Uno “culturale”,
di contatto conoscitivo con un popolo che vive ancora oggi in
condizioni di vita, possiamo dire, “primitive” e uno scientifico,
di carattere geologico, di cui si sono occupati i vulcanologi e
geologi del gruppo. L’itinerario consisteva nell’attraversare il
bassopiano dancalo partendo dal basso corso del fiume Awash, prendere
contatto diretto con le popolazioni Afar lungo il tragitto e
raggiungere la caldera del vulcano Irtacalè
nella regione del Tigray (Etiopia centro-settentrionale) meta ultima
della spedizione. Per raggiungere la vetta del vulcano siamo stati
scortati da un gruppo di guerrieri e cammellieri Afar presso il cui
accampamento ci siamo fermati. La possibilità, pur se limitata, di
avere un contatto diretto per svariati giorni con questa popolazione,
mi ha ispirato il desiderio di approfondire la conoscenza delle
strutture sociali e simbolico-culturali di questo popolo la cui
integrità socio-culturale è a rischio di disgregazione.
Scopo principale
di questo lavoro è quello di mettere in evidenza, attraverso il caso
specifico degli Afar e in particolare l’analisi del
processo di costruzione dell’identità Afar, la complessa
articolazione simbolica e il carattere strutturale ma anche storico e
quindi dinamico, che assume in generale la convivenza associata degli
esseri umani. Nello stesso tempo ci preme rilevare alcuni aspetti e
motivi che possono condurre alla crisi delle identità etniche e dei
rapporti interetnici. Quella dell’identità è forse la questione
più significativa di questa fase storica attuale e pone problemi di
non facile inquadratura prospettica se non altro per la complessità
e varietà dei modi in cui si manifesta. Ciò che si vuole
sottolineare tramite l’analisi del caso specifico degli Afar è che
il senso d’identità etnica non è qualcosa che rinvia a realtà
“oggettive” ma è soprattutto qualcosa che pertiene l’ordine
del simbolico. Il sentimento di appartenenza delle varie comunità
socio-culturali è caratterizzato da condizioni storiche diverse tra
di loro. Tuttavia le comunità hanno tutte un comune nucleo simbolico
fondamentale che rende possibile il riconoscimento di appartenenza in
uno stesso gruppo. In questo contesto la ricerca antropologica e
storico-religiosa può servire a mettere in risalto alcuni aspetti
rilevanti dell’ethnos. In particolare quegli aspetti
simbolico-culturali che permettono di “controllare” i processi di
trasformazione dinamica che minacciano l’ordine sociale.
Nel caso degli Afar
vedremo che l’esperienza del “sacro” permea di sé tutti gli
aspetti socio-economici e culturali della loro esistenza quotidiana
senza che questo infici gli aspetti razionali del loro comportamento
quando essi si trovano impegnati nella produzione di beni essenziali
alla loro esistenza. L’esperienza simbolica trova espressione nei
miti e nei riti e fornisce per questa via una soluzione culturale ai
problemi posti dalla condizione umana. In questa prospettiva gli Afar
forniscono un esempio d’identità che, continuamente minacciata da
fattori interni ed esterni, ricorre non solo a modalità
istituzionalizzate di controllo e di resistenza sociale, ma anche a
strutture simbolico-rituali per far fronte al rischio di
disgregazione della propria società.
La nostra analisi si
divide in due parti principali.
Nella prima parte si
affronta in particolare il complesso discorso della costruzione
dell’identità etnica Afar. Ciò richiede un’opera di
contestualizzazione della società in esame, sia da un punto di vista
storico, sia da un punto di vista socio-economico.
Dopo un primo capitolo
introduttivo nel quale si presenta in via generale il popolo Afar
riassumendo in breve i punti salienti della loro esistenza in quanto
realtà sociale, si passa, nel secondo capitolo, ad un esame delle
vicende storiche che hanno influito in modo diretto sul processo
dinamico di costruzione e rielaborazione dell’identità etnica
Afar. Partendo dal presupposto teorico che ogni società o cultura
deve essere analizzata come un elemento di una rete di relazioni che
va esplorata nella sua interezza, il percorso storico permette di
mettere in luce come l’identità degli Afar attuale, e l’identità
etnica in generale, sia il punto ultimo di una rete di rapporti di
forza, di relazioni interetniche e di influssi culturali diversi.
Nel caso degli Afar
assume valore fondamentale il contatto instaurato fin da tempi
antichi con la cultura sud-arabica che ha portato alla loro
superficiale islamizzazione. Tuttavia altrettanto importanti e
cariche di conseguenze sono state le vicende storiche che hanno
caratterizzato il periodo coloniale e che hanno portato in seguito
alla nascita di due nuove realtà “statali” (Eritrea e Repubblica
di Gibuti) e quindi ad una ripartizione dell’insieme della
popolazione Afar tra tre stati diversi. Ciò ha comportato una
diversificata e aumentata pressione sulle varie popolazioni Afar che
ha messo in forte pericolo la loro integrità sociale, economica e
culturale.
Nel terzo capitolo
passiamo ad analizzare in maniera specifica alcuni tratti culturali
(nome, lingua, miti d’origine, strutturazione della società,
vincolo agnatico) che costituiscono quella che possiamo definire come
la “maschera identitaria” degli Afar. Ognuno dei segni che
qualificano il senso d’identità Afar viene sottoposto ad un’opera
di decostruzione con la quale si vuole eliminare quella percezione
illusoria, dominante ancora oggi, della realtà umana come
discontinua e frammentaria. In questo modo possiamo vedere che ognuno
dei segni in questione rivela la molteplicità di contatti e legami
spesso contrastivi, tra le differenti società con le quali gli Afar
sono venuti in contatto nel corso dei secoli. Il punto di partenza
teorico è quello messo a punto dalla scuola di studi
antropologico-culturali della quale fanno parte studiosi come gli
italiani Ugo Fabietti e Francesco Remotti e il francese Jean-Loup
Amselle. I loro studi sull’identità etnica forniscono il punto di
riferimento principale per la nostra analisi.
La prima parte della
tesi si chiude con un capitolo dedicato al modello pastorale Afar.
Alcune considerazioni di carattere generale sul pastoralismo nomade e
sul suo attuale stato di crisi legato anche alle ripetute pressioni
alla sedentarizzazione esercitate dalle autorità governative,
permettono di inquadrare in maniera corretta la situazione attuale
degli Afar cui il modello presentato si adatta in maniera precisa.
Anche qui è possibile riscontrare ulteriori elementi di raccordo con
l’analisi sull’identità e in particolare sul rischio di
disgregazione socio-culturale che minaccia la comunità Afar.
La descrizione dello
specifico modello nomado-pastorale Afar fornisce le coordinate guida
utili per introdurre il discorso sui modelli simbolico-religiosi Afar
che costituisce la seconda parte della tesi.
In questa seconda
parte si tenta di ricostruire la religiosità Afar sulla base delle
notizie trovate nei resoconti etnografici dedicati a questo popolo e
in parte su osservazioni fatte sul campo. Per la verità in sede di
ricerca bibliografica si è riscontrata una certa carenza di studi
approfonditi e scientificamente attendibili su questa popolazione.
Va sottolineato come
lo stato di perenne conflittualità in cui si trovano gli stati del
Corno d’Africa e la bellicosità mostrata nel corso dei secoli
dagli Afar nei confronti di penetrazioni straniere del loro
territorio, abbiano scoraggiato e reso difficile il lavoro di
studiosi e antropologi che raramente si sono avventurati in queste
regioni dell’Africa nord-orientale. Tuttavia i dati sono
sufficienti a mettere in rilievo un fatto essenziale, ossia la
resistenza di modelli culturali tradizionali in una situazione di
contaminazione con l’Islam.
Il modello islamico
influenza in maniera importante i modelli culturali Afar, ma rimane
come una sovrastruttura superficiale rispetto le forme religiose
tradizionali degli Afar. La risultanza di certi dati come il “culto
dei santi” mostra ad un analisi approfondita questa situazione
“meticcia” dei modelli simbolico-culturali Afar.
Certamente l’aspetto
simbolico assume una valenza centrale per il mantenimento
dell’identità Afar. Attraverso la celebrazione di riti, spesso con
la messa in opera di complesse procedure rituali, si garantisce sul
piano simbolico la sopravvivenza del gruppo, poiché i singoli
individui che lo formano si riconoscono come parte attiva di una
comunità che ha un fondamento “sacro”.
Gli elementi
simbolico-rituali sono come le fondamenta sui quali si costruisce e
si preserva l’identità Afar.
Il percorso analitico
si dirama attraverso i quattro capitoli che vanno dal quinto
all’ottavo.
Nel quinto capitolo si
analizzano i modelli simbolico-rituali del ciclo individuale della
vita. Nascita, iniziazione, morte sono le tappe principali che
scandiscono l’esistenza sociale e culturale degli Afar e sono
sottolineate da complesse procedure simbolico-rituali.
Nel sesto capitolo si
prende in esame un modello simbolico specifico degli Afar, ossia il
sacrificio, che per il suo legame con l’allevamento e con il
consumo alimentare di carne merita una trattazione particolareggiata.
Negli ultimi due
capitoli si affronta la situazione culturale tradizionale Afar
rispetto l’Islam. Oltre a mettere in evidenza la superficialità
del modello islamico qui si vuole stabilire la resistenza di
specifici modelli culturali preislamici e l’importanza che essi
assumono per la costruzione del senso di unità delle comunità Afar.
Il mantenimento di un forte sottofondo culturale tradizionale
risponde proprio alle esigenze di una società in lotta continua per
la preservazione della propria integrità socio-culturale.
In particolare
nell’ultimo capitolo ci soffermeremo sull’analisi di una
procedura rituale tradizionale chiamata “danza del ginnili”,
legata ai tratti più significativi degli Afar in quanto realtà
sociale, come la guerra, e il pastoralismo nomade. Sono questi
rituali e forme simboliche tradizionali a fornire il fondamento
dell’identità Afar e della sua resistenza.