INTRODUZIONE - GIORGIO CINGOLANI Antropologo e Regista

GIORGIO CINGOLANI
Antropologo e Regista
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Introduzione

In questo elaborato ci occuperemo di una società dell’Africa Orientale che ancora oggi può essere definita nomado-pastorale, anche se dall’ultima personale ricognizione risalente alla fine del 1997 e alla luce dei recenti avvenimenti in cui è stata coinvolta (guerra Etiopia-Eritrea, prolungato periodo di siccità e conseguente disastrosa carestia), il giudizio potrebbe essere modificato!
In ogni caso cercheremo di delineare l’universo simbolico-culturale e storico-religioso nella diversificata prassi quotidiana di questo popolo, tenendo comunque presenti le coordinate del nomadismo e della pastorizia come dati guida anche per chiarire scelte e reazioni nei processi di acculturazione che si sono verificati nel passato storico. Questo anche senza forzare il rapporto tra situazione ergologico-culturale e scelte simboliche enfatizzato nell’ambito degli studi storico-religiosi ed antropologici dalla cosiddetta scuola storico-culturale di Frobenius e W. Schmidt.
La scelta di questo argomento per la tesi di laurea deriva da un viaggio nella regione dancala che ho avuto modo di effettuare tra novembre e dicembre del 1997. Organizzato dall’associazione culturale “Argonauti Explorers” di Milano, specializzata nell’organizzare viaggi e spedizioni nelle zone più remote del mondo, insieme all’associazione “Vulcano esplorazioni” di Pisa, che effettua ricerche scientifiche e monitoraggi su vulcani attivi sparsi per il mondo, il viaggio aveva due obiettivi principali. Uno “culturale”, di contatto conoscitivo con un popolo che vive ancora oggi in condizioni di vita, possiamo dire, “primitive” e uno scientifico, di carattere geologico, di cui si sono occupati i vulcanologi e geologi del gruppo. L’itinerario consisteva nell’attraversare il bassopiano dancalo partendo dal basso corso del fiume Awash, prendere contatto diretto con le popolazioni Afar lungo il tragitto e raggiungere la caldera del vulcano Irtacalè nella regione del Tigray (Etiopia centro-settentrionale) meta ultima della spedizione. Per raggiungere la vetta del vulcano siamo stati scortati da un gruppo di guerrieri e cammellieri Afar presso il cui accampamento ci siamo fermati. La possibilità, pur se limitata, di avere un contatto diretto per svariati giorni con questa popolazione, mi ha ispirato il desiderio di approfondire la conoscenza delle strutture sociali e simbolico-culturali di questo popolo la cui integrità socio-culturale è a rischio di disgregazione.
Scopo principale di questo lavoro è quello di mettere in evidenza, attraverso il caso specifico degli Afar e in particolare l’analisi del processo di costruzione dell’identità Afar, la complessa articolazione simbolica e il carattere strutturale ma anche storico e quindi dinamico, che assume in generale la convivenza associata degli esseri umani. Nello stesso tempo ci preme rilevare alcuni aspetti e motivi che possono condurre alla crisi delle identità etniche e dei rapporti interetnici. Quella dell’identità è forse la questione più significativa di questa fase storica attuale e pone problemi di non facile inquadratura prospettica se non altro per la complessità e varietà dei modi in cui si manifesta. Ciò che si vuole sottolineare tramite l’analisi del caso specifico degli Afar è che il senso d’identità etnica non è qualcosa che rinvia a realtà “oggettive” ma è soprattutto qualcosa che pertiene l’ordine del simbolico. Il sentimento di appartenenza delle varie comunità socio-culturali è caratterizzato da condizioni storiche diverse tra di loro. Tuttavia le comunità hanno tutte un comune nucleo simbolico fondamentale che rende possibile il riconoscimento di appartenenza in uno stesso gruppo. In questo contesto la ricerca antropologica e storico-religiosa può servire a mettere in risalto alcuni aspetti rilevanti dell’ethnos. In particolare quegli aspetti simbolico-culturali che permettono di “controllare” i processi di trasformazione dinamica che minacciano l’ordine sociale.
Nel caso degli Afar vedremo che l’esperienza del “sacro” permea di sé tutti gli aspetti socio-economici e culturali della loro esistenza quotidiana senza che questo infici gli aspetti razionali del loro comportamento quando essi si trovano impegnati nella produzione di beni essenziali alla loro esistenza. L’esperienza simbolica trova espressione nei miti e nei riti e fornisce per questa via una soluzione culturale ai problemi posti dalla condizione umana. In questa prospettiva gli Afar forniscono un esempio d’identità che, continuamente minacciata da fattori interni ed esterni, ricorre non solo a modalità istituzionalizzate di controllo e di resistenza sociale, ma anche a strutture simbolico-rituali per far fronte al rischio di disgregazione della propria società.
La nostra analisi si divide in due parti principali.
Nella prima parte si affronta in particolare il complesso discorso della costruzione dell’identità etnica Afar. Ciò richiede un’opera di contestualizzazione della società in esame, sia da un punto di vista storico, sia da un punto di vista socio-economico.
Dopo un primo capitolo introduttivo nel quale si presenta in via generale il popolo Afar riassumendo in breve i punti salienti della loro esistenza in quanto realtà sociale, si passa, nel secondo capitolo, ad un esame delle vicende storiche che hanno influito in modo diretto sul processo dinamico di costruzione e rielaborazione dell’identità etnica Afar. Partendo dal presupposto teorico che ogni società o cultura deve essere analizzata come un elemento di una rete di relazioni che va esplorata nella sua interezza, il percorso storico permette di mettere in luce come l’identità degli Afar attuale, e l’identità etnica in generale, sia il punto ultimo di una rete di rapporti di forza, di relazioni interetniche e di influssi culturali diversi.
Nel caso degli Afar assume valore fondamentale il contatto instaurato fin da tempi antichi con la cultura sud-arabica che ha portato alla loro superficiale islamizzazione. Tuttavia altrettanto importanti e cariche di conseguenze sono state le vicende storiche che hanno caratterizzato il periodo coloniale e che hanno portato in seguito alla nascita di due nuove realtà “statali” (Eritrea e Repubblica di Gibuti) e quindi ad una ripartizione dell’insieme della popolazione Afar tra tre stati diversi. Ciò ha comportato una diversificata e aumentata pressione sulle varie popolazioni Afar che ha messo in forte pericolo la loro integrità sociale, economica e culturale.
Nel terzo capitolo passiamo ad analizzare in maniera specifica alcuni tratti culturali (nome, lingua, miti d’origine, strutturazione della società, vincolo agnatico) che costituiscono quella che possiamo definire come la “maschera identitaria” degli Afar. Ognuno dei segni che qualificano il senso d’identità Afar viene sottoposto ad un’opera di decostruzione con la quale si vuole eliminare quella percezione illusoria, dominante ancora oggi, della realtà umana come discontinua e frammentaria. In questo modo possiamo vedere che ognuno dei segni in questione rivela la molteplicità di contatti e legami spesso contrastivi, tra le differenti società con le quali gli Afar sono venuti in contatto nel corso dei secoli. Il punto di partenza teorico è quello messo a punto dalla scuola di studi antropologico-culturali della quale fanno parte studiosi come gli italiani Ugo Fabietti e Francesco Remotti e il francese Jean-Loup Amselle. I loro studi sull’identità etnica forniscono il punto di riferimento principale per la nostra analisi.
La prima parte della tesi si chiude con un capitolo dedicato al modello pastorale Afar. Alcune considerazioni di carattere generale sul pastoralismo nomade e sul suo attuale stato di crisi legato anche alle ripetute pressioni alla sedentarizzazione esercitate dalle autorità governative, permettono di inquadrare in maniera corretta la situazione attuale degli Afar cui il modello presentato si adatta in maniera precisa. Anche qui è possibile riscontrare ulteriori elementi di raccordo con l’analisi sull’identità e in particolare sul rischio di disgregazione socio-culturale che minaccia la comunità Afar.
La descrizione dello specifico modello nomado-pastorale Afar fornisce le coordinate guida utili per introdurre il discorso sui modelli simbolico-religiosi Afar che costituisce la seconda parte della tesi.
In questa seconda parte si tenta di ricostruire la religiosità Afar sulla base delle notizie trovate nei resoconti etnografici dedicati a questo popolo e in parte su osservazioni fatte sul campo. Per la verità in sede di ricerca bibliografica si è riscontrata una certa carenza di studi approfonditi e scientificamente attendibili su questa popolazione.
Va sottolineato come lo stato di perenne conflittualità in cui si trovano gli stati del Corno d’Africa e la bellicosità mostrata nel corso dei secoli dagli Afar nei confronti di penetrazioni straniere del loro territorio, abbiano scoraggiato e reso difficile il lavoro di studiosi e antropologi che raramente si sono avventurati in queste regioni dell’Africa nord-orientale. Tuttavia i dati sono sufficienti a mettere in rilievo un fatto essenziale, ossia la resistenza di modelli culturali tradizionali in una situazione di contaminazione con l’Islam.
Il modello islamico influenza in maniera importante i modelli culturali Afar, ma rimane come una sovrastruttura superficiale rispetto le forme religiose tradizionali degli Afar. La risultanza di certi dati come il “culto dei santi” mostra ad un analisi approfondita questa situazione “meticcia” dei modelli simbolico-culturali Afar.
Certamente l’aspetto simbolico assume una valenza centrale per il mantenimento dell’identità Afar. Attraverso la celebrazione di riti, spesso con la messa in opera di complesse procedure rituali, si garantisce sul piano simbolico la sopravvivenza del gruppo, poiché i singoli individui che lo formano si riconoscono come parte attiva di una comunità che ha un fondamento “sacro”.
Gli elementi simbolico-rituali sono come le fondamenta sui quali si costruisce e si preserva l’identità Afar.
Il percorso analitico si dirama attraverso i quattro capitoli che vanno dal quinto all’ottavo.
Nel quinto capitolo si analizzano i modelli simbolico-rituali del ciclo individuale della vita. Nascita, iniziazione, morte sono le tappe principali che scandiscono l’esistenza sociale e culturale degli Afar e sono sottolineate da complesse procedure simbolico-rituali.
Nel sesto capitolo si prende in esame un modello simbolico specifico degli Afar, ossia il sacrificio, che per il suo legame con l’allevamento e con il consumo alimentare di carne merita una trattazione particolareggiata.
Negli ultimi due capitoli si affronta la situazione culturale tradizionale Afar rispetto l’Islam. Oltre a mettere in evidenza la superficialità del modello islamico qui si vuole stabilire la resistenza di specifici modelli culturali preislamici e l’importanza che essi assumono per la costruzione del senso di unità delle comunità Afar. Il mantenimento di un forte sottofondo culturale tradizionale risponde proprio alle esigenze di una società in lotta continua per la preservazione della propria integrità socio-culturale.
In particolare nell’ultimo capitolo ci soffermeremo sull’analisi di una procedura rituale tradizionale chiamata “danza del ginnili”, legata ai tratti più significativi degli Afar in quanto realtà sociale, come la guerra, e il pastoralismo nomade. Sono questi rituali e forme simboliche tradizionali a fornire il fondamento dell’identità Afar e della sua resistenza.
Contatti e info
GIORGIO CINGOLANI
Via dei Bersaglieri, n. 5
62019 Recanati (MC) Italia
tel. (+39)3487401308
email: giorgiocingolani@gmail.com
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